Friuli benandanti nel seicento, sciamani urbani oggi

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Tra Cinquecento e Seicento operano in Friuli guaritori spirituali, donne e uomini, che nonostante si viva ormai da secoli in una realtà dominata dalla Chiesa cristiana, sono portatori di una spiritualità sincretistica in cui sono determinanti gli elementi sciamanici. In questo articolo la parte scritta in blu riguarda gli elementi comuni tra le esperienze dei benandanti e quelle degli sciamani, tradizionali o urbani, qui essi vengono accomunati. 
 
I benandanti (termine che si può tradurre con "buoni camminatori") sono gli appartenenti ad un culto pagano-sciamanico contadino basato sulla fertilità della terra diffuso in Friuli intorno al XVI-XVII secolo. Questa religiosità è sincretistica perchè incorpora anche elementi del cristianesimo, i benandanti combattono per Cristo e per la Madonna, è una spiritualità inclusiva, come la Santeria cubana o i culti afro-americani in generale.
Si tratta  di piccole congreghe che si adoperano per la protezione dei villaggi e del raccolto dei campi dall'intervento malefico delle streghe. Quello dei benandanti era un culto agrario che discendeva da antiche tradizioni pagane contadine diffuse in tutto il Centro-Nord Europa, sia presso popolazioni germaniche (si veda, in particolare, la figura mitica della Frau Holle), Slave (vedi, in particolare i krasniki, come erano chiamati in area dalmatico-illirica i "combattenti in spirito" ) o Ungheresi (vedi in particolare i táltos, figure di sciamani) e che arrivò nelle regioni nord-orientali dell'Italia, in Friuli estendendosi fino a Vicenza, Verona, Istria e Dalmazia. Non vanno dimenticati influssi decisamente sciamanici provenienti dall'Asia. Il Friuli è un crocevia tra mondo latino, germanico, slavo ed euroasiatico.
I benandanti erano coloro che nascevano ancora avvolti nel sacco amniotico, quelli che vengono ancor oggi definiti come i "nati con la camicia", i fortunati, i privilegiati.
La levatrice  o la madre stessa dopo il parto, s'incaricavano di conservare una piccola parte del sacco amniotico, che nei mesi successivi veniva benedetta, posta in un sacchettino da appendere al collo del neonato come un amuleto benefico e protettore.
Al raggiungimento della maggiore età il giovane benandante era in grado nelle notti delle quattro tempora (1) di uscire dal proprio corpo sotto forma di spirito durante il sonno. Si apprende infatti da una testimonianza resa su una donna benandante che «...suo marito più volte di notte la chiamava et con li rimedi la urtava, et lei era come morta, perché diceva che li spirito se ne era andato al suo viaggio et il corpo restava come morto...» (2)
 
Qui troviamo il primo elemento fondante della funzione dello sciamano: egli o ella padroneggia la transe, effettua il viaggio estatico, esplora e conosce il mondo spirituale, chiamato realtà non ordinaria dall'antropologo Michael Harner e realtà separata o nagual dallo scrittore Carlos Castaneda. (Consigliamo la lettura del libro "La Via dello Sciamano" di Michael Harner, edizioni Mediterranee e "Una realtà separata" di Carlos Castaneda, edizioni Rizzoli).
 

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Racconta un beneandante all'inquisitore che lo sottopone ad esame:
«Signor, io dirò la verità. Io sono stato in tre stagione, cioè tre volte l'anno in uno prato… quale ho inteso dire da quei miei compagni, quali non conosco (perché niun si conosce, perché è il fiato che va, et il corpo resta fermo in letto) che si addimanda il prato di Josafat, come li suddetti compagni mi dicevano...[sono andato in questo prato] per il tempo di san Giovanni, del corpo di Nostro Signore et di san Mattia, di notte» (3)
 
L'esperienza del viaggio visionario è descritta come uscita dell'anima dal corpo fisico, che rimane passivo durante tutto il tempo dell'avventura notturna. Importante è l'aspetto collettivo della lotta spirituale per il bene. Il benandante non combatte da solo ma fa parte di una compagnia, di un gruppo. Anche questo aspetto caratterizza la figura dello sciamano, egli o ella è il custode spirituale della comunità, è il sindacalista degli esseri umani presso Dio, la Dea, il Grande Spirito o Grande Mistero. Egli è altruista e compassionevole, vuole pace, amore, benessere, libertà e armonia per tutti e ciascuno.
 
Con l'aspetto di un piccolo animale (topo, farfalla, gatto, riccio, ecc.), oppure di una nuvola di fumo, o di altre forme, lo spirito si riuniva ai suoi compagni in determinati luoghi dalle varie denominazioni (prato di Josafat per esempio) e combatteva a colpi di rami di  finocchio contro streghe e stregoni: 
«Io sonno Benandante perché vò con li altri a combattere quattro volte l'anno, cioè nelle quattro tempora, di notte, invisibilmente con lo spirito et resta il corpo…noi con le mazza di finocchio et loro con le canne di sorgo» (4)
 
Trasformarsi o essere accompagnati da un animale dello spirito, o spirito guardiano è un altro elemento specifico delle esperienze nel mondo dello Spirito. L'animale di potere è una guida e un protettore, difende dai pericoli che si incontrano nelle interzone dove si mescola realtà di tutti i giorni e territori non segnati sulle mappe della ragione condizionata. Per le civiltà tradizionali e per chi ha una visione ecologica profonda, la dimensione spirituale è la matrice di tutto ciò che esiste.
 
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Se in queste tenzoni prevalevano i benandanti sarebbero poi seguiti mesi di abbondanza e prosperità, mentre se vincevano le streghe e gli stregoni i contadini sarebbero stati afflitti da periodi di fame, malattie e carestia.
 
«Noi non andiamo a far altro se non a combater...Andiamo tutti insieme a combater contra tutti li strigoni, et habbiamo li nostri capitani, et quando noi si portiamo bene li strigoni ci dànno de buoni scopolotti...Quando il racolto vien buono, cioè della robba purasai, et bella, quell'anno è che li benandanti habbian vinto; ma quando li stregoni vincono il raccolto va male»(5)
 
Camminiano in un universo di energie viventi dove tutto è connesso, e le azioni degli uomini hanno effetti sul mondo visibile, ma anche su quello invisibile, se la matrice del vivente è ciò che costituisce l’origine, la causa fondamentale, l’elemento ispiratore di un fatto o di un avvenimento, allora influenzarla, incidere su di essa significa anche mutare la realtà nella quale viviamo. Per i benandanti l'ambiente di vita è agricolo, legato agli eventi atmosferici, noi possiamo aggiungerci le nostre realtà urbane e ciò che ha portato la rivoluzione industriale e scientifica.
 
I benandanti combattevano poi le influenze malvagie delle streghe anche nella vita ordinaria curando le persone colpite da malocchio, da incantesimi collaborando con le tante guaritrici e guaritori che popolavano la campagna friulana, perché erano molti coloro dotati dei prehenti, i poteri per il bene delle persone da risanare.
Se però il benandante perdeva il suo amuleto con la placenta non godeva più di nessun potere:«...portava quella mia camiciola al collo sempre, ma la persi et dipoi che la perdei non ci son più stato alli raduni...» (6)
 
Un altro dei poteri dei benandanti era quello di vedere i morti in processione e ascoltare i loro messaggi.
La "processione dei morti", "l'esercito furioso", o la "caccia selvaggia" erano una tipica forma di religiosità dell'area centroeuropea. (7)
Il tema della processione dei morti si ritrova in un racconto di un episodio accaduto nel 1091 a un monaco che era senza saperlo un benandante, poiché «chi vede i morti, cioè va con loro, è un Benandante»(8)
Il frate mentre camminava in campagna sentì dei lamenti e vide che provenivano da una processione, una sorta di danza macabra, dove riconobbe persone morte da poco guidati da un personaggio dall'aspetto selvatico armato di una clava.(9)
Il potere di vedere i morti era anche tipico delle donne benandanti che, in particolari occasioni legate ad esempio al loro periodo mestruale o nel giorno della Commemorazione dei defunti, nell'acqua di un catino avevano visioni di conoscenti o parenti da poco defunti.(10) 
 
La morte è la nascita di una nuova vita. Con la morte lasciamo andare  i legami con la vita passata, l’ego e la personalità se ne vanno. Tutti i compiti che l’anima aveva durante la vita, se ne vanno.
Lo sciamano, che dovrà spiegare al morente come sarà lo stato di morte, deve avere avuto  esperienze in merito, aver conosciuto la via e la vita che l’anima farà dopo la morte. Generalmente le grandi prove esistenziali che costituiscono la morte iniziatica dello sciamano, e la sua rinascita aiutano in questo compito.
Per lo sciamano la morte non è la fine di tutto, ma un cambiamento di stato e un passaggio a un livello di esistenza spirituale. Con la morte le anime dei trapassati entrano nel regno dello Spirito, nella realtà non ordinaria, un luogo di trasformazione e di evoluzione. A volte, tuttavia, esse non riescono a staccarsi completamente dal mondo dell’esistenza terrena o incontrano delle difficoltà nel trovare il loro cammino verso l’aldilà. Allora lo sciamano, nel suo ruolo di psicopompo (guida e conduttore delle anime dei defunti verso il regno dei morti), aiuta queste anime confuse e ancora legate al Mondo di Mezzo ad oltrepassare la soglia ed incamminarsi verso il loro nuovo destino.
 
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Note all'articolo
 
 
1 Nel calendario liturgico del rito romano prima della riforma avviata dal Concilio Vaticano II, le "Quattro Tempora" erano quattro distinti periodi di tre giorni - mercoledì, venerdì e sabato - di una stessa settimana approssimativamente equidistanti nel ciclo dell'anno, destinati al digiuno e alla preghiera. Questi giorni erano considerati particolarmente idonei per l'ordinazione del clero. Le tempora d'inverno cadono fra la terza e la quarta domenica di Avvento, le tempora di primavera fra la prima e la seconda domenica di Quaresima, le tempora d'estate nella settimana fra Pentecoste e la solennità della Santissima Trinità e le tempora d'autunno fra la terza e la quarta domenica di settembre, cioè dopo l'Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre.
 
Note 2, 3, 4, 5, 6 e 8 tratte dal libro di Carlo Ginzburg , I Benandanti, stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1996
7  Il mito della "caccia selvaggia" consiste nell'avvistamento di un corteo notturno di esseri sovrannaturali e mitologici che attraversano il cielo in una furiosa battuta di caccia, con tanto di cavalli, segugi e via dicendo.
9  Il selvaggio, secondo alcuni studiosi, simboleggerebbe le antiche divinità contadine pagane dei boschi. (Cfr. J. Frazer, Il Ramo d'Oro, Studio sulla Magia e sulla Religione, Bollati Boringhieri, Torino 1995)
10  A. M. Di Nola, La Nera Signora, Antropologia della morte e del lutto, Newton Compton, Roma 2003